Violenza sulle donne, 500 cure gratuite per le cicatrici al volto

Ecco il progetto per aiutare le vittime

Il 25 novembre si celebra la Giornata Mondiale contro la Violenza sulla Donne. Per offrire alle vittime un aiuto concreto, Biodermogenesi®, la metodologia coperta da brevetto internazionale per la rigenerazione tissutale, con i suoi centri d’eccellenza sull’intero territorio nazionale, rinnova il progetto RigeneraDerma, presentato lo scorso aprile alla Camera dei Deputati, e offre a 500 persone che non possono permetterselo, la cura per le cicatrici.

Testimonial del progetto RigeneraDerma è Filomena Lamberti, la donna salernitana cui, nel 2012, l’ex marito nella notte versò dell’acido su testa, volto, mani e décolleté. A 10 anni di distanza da quel tragico episodio, finalmente la donna sta via via riacquistando la sensibilità dei tessuti. Tanto da riuscire a “sentire nuovamente il vento sul volto”, come lei stessa ha dichiarato. Merito del percorso di terapia con metodologia Biodermogenesi®.

«L’aggressione con acido, conosciuta anche come “vitriolage” è una forma di violenza premeditata che consiste nel gettare una sostanza corrosiva sul corpo di un’altra persona con l’intento di sfigurarla, mutilarla, torturarla o ucciderla. La gravità del danno dipende sia dalla concentrazione della sostanza corrosiva utilizzata che dal tempo in cui essa rimane a contatto con i tessuti. Il comune denominatore degli aggressori è il desiderio di colpire la faccia. Contro la povera signora Lamberti è stato usato l’acido solforico uno degli agenti più aggressivi: ha ricevuto danni gravissimi alle palpebre, labbra, naso, orecchie. La signora ha dovuto subire numerosi interventi di chirurgia plastica che non sono riuscite a restituirle completamente ne l’aspetto né la funzione», spiega il Dottor Bruno Brunetti, Specialista in Dermatologia e Malattie sessualmente trasmissibili e titolare del Centro dermatologico Brunetti di Salerno.

«La metodologia Biodermogenesi® è in grado di recuperare la funzionalità del microcircolo cutaneo, migliorando la qualità della matrice extracellulare e moltiplicando la produzione di collagene e fibre elastiche in tutte le alterazioni cutanee, in particolare sulle cicatrici. Ho trattato le cicatrici della signora Lamberti causate da acido solforico, con 12 sedute Biodermogenesi®», sottolinea la Dottoressa Anna Maria Minichino, Medico Chirurgo e Responsabile dermoestetico del Centro dermatologico Brunetti di Salerno.

«Seduta dopo seduta ho notato un livellamento delle cicatrici che reso la pelle più liscia, compatta ed uniforme; le rughe si sono attenuate ed anche il diverso colore delle cicatrici si è presentato sempre più simile a quello della pelle sana. Alla palpazione di volto e collo effettuata dopo i trattamenti i cordoni cicatriziali presenti sono notevolmente migliorati, divenendo più morbidi ed elastici permettendo alla paziente di poter finalmente inclinare e ruotare la testa senza limitazioni e dolore. L’aspetto professionale per me più gratificante nel dedicarmi alla signora Lamberti è stato quello di averle migliorato la qualità della vita, grazie ad un importante miglioramento delle sue cicatrici, sia funzionale con il recupero della sensibilità delle pelle del volto, che estetico, dando sollievo e speranza ad una paziente così emotivamente provata», continua la Dottoressa Minichino.

«Le cicatrici al volto sono un problema grave in medicina, perché creano conseguenze sulla psiche dell’individuo, alterano l’immagine del sé e diminuiscono la qualità della vita in modo significativo. Oggi abbiamo degli approcci terapeutici sicuramente efficaci, ma occorre sviluppare sempre più le terapie non invasive, in grado di agire in modo sicuro e con una documentata efficacia. Le terapie non invasive sono particolarmente importanti perché possono essere utilizzate più facilmente anche nelle fasce più svantaggiate della popolazione. Proprio per questo hanno un elevato impatto sociale», sottolinea il Professor Andrea Sbarbati, Professore Ordinario dell’Università di Verona.

Oltre alle donne vittime di violenza, il progetto è aperto anche a persone di entrambi i sessi, economicamente svantaggiate. Per tutti, le terapie saranno erogate interamente pro-bono con il medical device Bi-one® LifeTouchTherapy presso i Center of Therapeutic Excellence Biodermogenesi® (CTE) che aderiranno all’iniziativa.

Ogni anno, nei soli Paesi sviluppati vi sono mediamente 100 milioni di persone con nuove cicatrici che riguardano sia il corpo che il volto. Di queste, 55 milioni sono legate ad esiti post-chirurgici elettivi, mentre 25 milioni sono dovute ad interventi chirurgici post-traumatici, i restanti 20 sono di diversa natura. Parlando nello specifico del volto vi sono, inoltre, cicatrici derivanti da trauma, per le quali non si può quantificare il numero annuo, sebbene probabilmente sia più elevato rispetto a quelle chirurgiche.

Allo stato dell’arte non si è affermata una tecnologia che si possa definire universalmente efficace nella terapia delle cicatrici e questo ci ha portati a valutare la sinergia tra campi elettromagnetici e vuoto, anche di conseguenza ad esperienze maturate da Nicoletti e coll. della Cattedra di Chirurgia Plastica dell’Università di Pavia e da Veronese e coll. del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Verona, che hanno ottenuto significativi esiti su cicatrici di ogni genere, comprese quelle lacero-contuse, da trauma e da ustione su collo e volto.

L’esperienza Biodermogenesi® relativa a 25 pazienti gravati da cicatrici da trauma, ustione, da taglio e post-chirurgiche, ha permesso di constatare un importante miglioramento delle cicatrici trattate, sia per quanto riguarda la trama cutanea che per la discromia, ottenendo in alcuni casi anche l’abbronzatura della cicatrice. Da tale esperienza sono derivate un articolo scientifico recentemente pubblicato e il presente progetto RigeneraDerma.

Fonte: askanews.it

Ciocchetti: costruire un percorso integrato, il paziente al centro

La Medicina Interna vuole essere al centro di una trasformazione fondamentale, necessaria per il sistema sanitario, con l’obiettivo di migliorare il processo di dimissione dei pazienti dagli ospedali per acuti. L’attenzione si concentra sui pazienti che, una volta dimessi, hanno ancora bisogni assistenziali complessi e residui. I medici internisti sono consapevoli della necessità di un approccio più complessivo, che non si limiti alla cura della patologia acuta in ospedale, ma che integri strettamente l’assistenza ospedaliera con quella del territorio. Questo cambiamento è cruciale per la gestione efficace dei pazienti cronici e polipatologici, che necessitano di un’assistenza continua e coordinata tra ospedale e comunità. Sul ruolo che la Medicina Interna potrebbe avere all’interno del sistema sanitario, si è concentrata la conferenza, indetta su iniziativa di Luciano Ciocchetti, Vicepresidente della XII Commissione Affari Sociali della Camera, e organizzata dalla Società Italiana di Medicina Interna (SIMI), presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati.

‘La Medicina Interna rappresenta oggi un presidio fondamentale per garantire l’appropriatezza e la continuità delle cure – ha sottolineato Ciocchetti -. Il nostro sistema sanitario sta vivendo una fase delicata: da un lato la pressione crescente sugli ospedali, dall’altro la necessità di rafforzare i servizi territoriali. Per questo credo sia indispensabile valorizzare il ruolo dei medici internisti, che con la loro visione globale del paziente possono essere il punto di raccordo tra ospedale e territorio. L’obiettivo deve essere quello di costruire un percorso assistenziale integrato, capace di accompagnare i cittadini non solo durante la fase acuta della malattia, ma anche nella gestione delle cronicità, evitando ricoveri impropri e migliorando la qualità della vita delle persone. Come Parlamento e come istituzioni siamo chiamati a sostenere questo cambiamento, investendo su professionalità, strutture e modelli organizzativi che mettano davvero il paziente al centro’.

‘Spina dorsale del sistema ospedaliero – ha spiegato il presidente della Società Italiana di Medicina Interna SIMI, prof. Nicola Montano – la Medicina Interna è la specialità con il maggior numero di ricoveri e posti letto: in Italia ci sono 1052 unità con poco meno di 30.000 posti letto e un numero di ricoveri per acuti annuali di circa 1.000.000. La maggior parte di questi pazienti è ad alta complessità, con plurime patologie e bisogni assistenziali e sociali molto elevati. Un recente studio SIMI-FADOI ha messo in luce che più del 20% di questi pazienti rimangono ricoverati in maniera inappropriata, riducendo la disponibilità dei posti letto per il Pronto Soccorso e quindi contribuendo al boarding. È chiaro quindi che è tutto il percorso territorio-ospedale-territorio che va riformato, e la Medicina Interna va coinvolta perché è uno degli attori principali di questo cambiamento’.

A sua volta, la presidente eletta della SIMI, la prof.ssa Cecilia Becattini, riguardo alla riforma ha osservato: ‘E’ essenziale una visione della Medicina Interna come un flusso di cura, che accoglie il paziente acuto nelle unità di Medicina differenziate in diverse intensità di cura, lavorando a fianco ed in continuità con i Pronto Soccorso; durante il ricovero, considerando il paziente un unicum, la Medicina Interna è il punto di raccordo indispensabile per la medicina specialistica e in dimissione rappresenta il raccordo con la medicina del territorio per la maggior parte dei pazienti’.

‘Il medico internista rappresenta una risorsa chiave nella gestione delle persone con patologie croniche e complesse’, ha aggiunto il Past President prof. Giorgio Sesti: ‘La capacità di valutare il paziente nella sua interezza, anziché focalizzarsi su singoli organi o sistemi, permette all’internista di intervenire in modo efficace non solo sulla patologia principale, ma anche sulle sue complicanze e sulle eventuali comorbidità. L’internista, in questo contesto, si configura come lo specialista di riferimento, capace di prendersi cura delle persone con patologie croniche in ogni fase del percorso di cura: dall’acuzie alle riacutizzazioni che richiedono ospedalizzazione, fino alle fasi più avanzate della malattia. Il suo approccio non si limita alla gestione della patologia, ma considera anche gli aspetti sociali e familiari, offrendo una visione globale della salute del paziente’.

Sul piano delle più recenti politiche sanitarie invece, il vicepresidente SIMI, prof. Roberto Tarquini ha ricordato come ‘nel 2016 il Piano Nazionale della Cronicità (PNC) stabilisca principi quali presa in carico integrata, continuità assistenziale e centralità della persona; il limite di questo approccio è stato considerare le singole malattie, piuttosto che il paziente cronico pluripatologico. Questo ha prodotto una frammentazione dei percorsi e una non sostenibilità del modello; solo un approccio globale a questi pazienti rende il modello sostenibile, in un continuum tra medici di medicina generale e ospedale, dove l’internista è l’unico specialista, in grado di gestire questi malati con un impiego di risorse contenuto. La nascita delle Case di Comunità può essere sì una nuova opportunità, a patto che si disponga di risorse adeguate e si superino barriere organizzative, ma soprattutto anacronistici conflitti culturali tra specialisti e medici di famiglia’.

‘La Medicina Interna è al centro di una profonda trasformazione in relazione ai cambiamenti demografici, alle nuove tecnologie e ai percorsi di cronicizzazione di numerose patologie, senza dimenticare le difficoltà che riguardano finanziamenti e sostenibilità del nostro sistema sanitario’, ha concluso Ilenia Malavasi, membro della XII Commissione Affari Sociali della Camera: ‘La carenza di personale e l’aumento del carico di lavoro minacciano la qualità dell’assistenza, richiedendo urgenti investimenti e una valorizzazione del ruolo degli internisti, che in questi anni non abbiamo visto. In questo contesto, tra le altre cose, a maggior ragione, sarebbe fondamentale rafforzare sempre più l’integrazione ospedale-territorio, dove gli internisti possono agire, grazie alla loro visione globale e olistica, come perno di una rinnovata gestione della presa in carico delle persone e dei percorsi di cura. Lo scorso anno avevo accolto con molto interesse la proposta di un’indagine parlamentare conoscitiva in merito alla situazione dei reparti di Medicina interna, idea lanciata dalla Federazione dei Medici Internisti Ospedalieri che, tuttavia, al momento non ha avuto seguito. Penso che sia necessario rilanciare questa necessità di conoscenza e confronto, proprio perché stiamo parlando di un ambito centrale nell’organizzazione del nostro sistema sanitario, che deve essere valorizzato e tutelato a favore di tutti e tutte, come tutela della salute e principio fondante della nostra democrazia’.

10-12 ottobre 2025 IL 126° CONGRESSO NAZIONALE SIMI – La conferenza è stata anche l’occasione per presentare i temi del 126° Congresso Nazionale della SIMI in programma dal 10 al 12 ottobre a Rimini – https://www.simi.it/events/126-congresso-nazionale-simi-2025. Saranno tre giorni di confronto sulle principali tematiche cliniche: obesità, malattie cardiorespiratorie, malattie gastro-epatologiche e metaboliche, malattie immuno-allergologiche, malattie rare, medicina d’urgenza. Inoltre, ci sarà un track istituzionale con cui la Società vuole mettere a fuoco i punti salienti che mirano a ridisegnare la gestione dei pazienti, con una particolare attenzione al loro percorso di cura. Il dibattito si concentrerà in primo luogo sull’intensità del percorso ospedaliero, che deve essere ottimizzato per garantire cure rapide ed efficaci durante la fase acuta, preparando al contempo il paziente a una dimissione sicura. Un altro tema cruciale sarà inoltre il ruolo dello hospitalist, un medico internista che si dedica interamente ai pazienti ricoverati. Questa figura mira a migliorare la qualità dell’assistenza, la sicurezza del paziente e la continuità delle cure in ospedale, gestendo i casi più complessi. Infine, il congresso affronterà la risoluzione delle criticità nel territorio, proponendo l’aumento delle risorse extra-ospedaliere come personale e strutture intermedie. L’obiettivo è rafforzare il legame tra ospedale e assistenza domiciliare, riducendo le riammissioni e assicurando un supporto continuo ai pazienti con bisogni assistenziali residui.

Durante il Congresso verranno infine assegnati due riconoscimenti: il SIMI INTERNATIONAL AWARD 2025 e il PREMIO SOLIDARIETA’. Il primo, sarà consegnato a Sir Michael Marmot, celebre per il suo lavoro sulla salute e le disuguaglianze sanitarie, uno dei primi ricercatori a sottolineare che fattori come il reddito e l’istruzione abbiano un impatto significativo sulla salute delle persone e rappresentano i cosiddetti ‘social determinants of health’ (determinanti sociali di salute). ‘La sua ricerca pionieristica ha ispirato politici, accademici e operatori sanitari a riconsiderare le politiche pubbliche e a sviluppare programmi che mirino a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni svantaggiate. La SIMI ha deciso di assegnare l’International Award 2025 al professor Sir Michael Marmot per il suo instancabile impegno nel portare a galla le disuguaglianze sanitarie e nel diffondere la consapevolezza che la salute non è solo una questione individuale, ma profondamente intrecciata con fattori sociali, economici e politici’, ha commentato il professor Montano.

Infine, poiché la Medicina è più di una scienza, proprio perché si occupa della salute dell’individuo nella sua interezza, ha il dovere morale di indagare su tutto ciò che minaccia la salute dei cittadini. Mai come ora dunque c’è bisogno di unire le comunità, riprendere a comunicare, di condividere gli obiettivi. Per questo motivo la SIMI ha voluto dare un segnale di unità, istituendo un secondo Premio, il PREMIO SOLIDARIETÀ, da assegnare a quegli individui o associazioni, che si siano distinti proprio per il loro impegno verso gli altri. Quest’anno il riconoscimento sarà assegnato a Medecins sans Frontiers, organizzazione che da anni rappresenta un esempio concreto di umanità, coraggio e dedizione della Medicina verso chi vive nelle zone più difficili e dimenticate del pianeta.

Fonte: askanews.it

Conlusa la seconda edizione

Si è conclusa la seconda edizione di “Beauty and the Best” , il format dedicato alla dermocosmesi in farmacia, ideato e coordinato dalla farmacista cosmetologa Myriam Mazza, svoltosi nell’ambito di PharmEvolution a Catania. L’evento ha acceso i riflettori su due temi cruciali per il futuro del settore: l’internazionalizzazione e l’importanza di un approccio multidisciplinare ed etico alla cura della pelle. Myriam Mazza, ideatrice del format, ha espresso la sua soddisfazione: “Ho ideato ‘Beauty and the Best’ perché credo profondamente che la bellezza non sia un atto superficiale. Come farmacista che ha dedicato la propria vita a questo settore, anche in contesti delicati come quello oncologico con la mia associazione ‘Ricomincio da Me’ , ho sempre visto la bellezza come cura, benessere e fiducia. La farmacia, da sempre punto di riferimento per la salute e punto di riferimento, ha il potenziale e la responsabilità di guidare verso una bellezza più consapevole, responsabile ed etica. Dopo il grande successo della prima edizione, abbiamo voluto portare avanti questa visione, arricchendola e approfondendola. Quest’anno, in particolare, i nostri riflettori sono stati puntati su due temi cruciali: l’internazionalizzazione del settore e l’importanza di un approccio multidisciplinare alla cura della pelle in farmacia.”

L’evento si è articolato nel talk “Internazionalizzazione e Multidisciplinarietà nel mondo della Bellezza in Farmacia” e in una tavola rotonda successiva , offrendo visioni sull’evoluzione e le sfide attuali del settore. Roberto Isolda di Cosmetica Italia ha sottolineato come la farmacia giochi un ruolo cruciale, con i consumatori che ripongono fiducia nei consigli dei farmacisti, rendendoli driver di attrazione e fedeltà al canale. Ha definito Beauty and the Best come un “piccolo gioiello” e un “contenitore di stimoli qualificati e qualificanti in maniera trasversale”, un successo cui ha partecipato con il privilegio di “essere un tassello che completa la fotografia di un canale fondamentale per il settore cosmetico”. Michele Superchi di Beautystream ha proseguito il viaggio nell’internazionalizzazione, offrendo una prospettiva sui trend emergenti e le dinamiche che modellano il futuro del reparto dermocosmetico a livello globale. Per Superchi il format Beauty and the Best “che ha messo in dialogo professionisti di ambiti diversi, dimostrando come la farmacia possa trarre ispirazione e innovazione anche da settori complementari”.

La seconda parte del talk si è concentrata sulla multidisciplinarietà , definita da Myriam Mazza come un pilastro fondamentale, in cui la collaborazione tra diverse figure professionali è “essenziale”. Il Prof. Antonino Di Pietro, luminare che da sempre promuove questa visione integrata, ha affermato di essere “fermamente convinto che una stretta collaborazione tra il farmacista e il dermatologo sia estremamente importante per la nostra salute”, evidenziando come la pelle, in particolare, possa beneficiare della sinergia tra queste due professionalità. Infine, Alice Di Pietro di Skinius ha presentato un esempio di come la ricerca scientifica e un forte valore etico convergono nella creazione di prodotti innovativi e responsabili.Un momento di profonda riflessione è arrivato dal sociologo Maurizio Fiengo, che ha osservato come un settore spesso etichettato come superficiale “si è rivelato invece ricco di empatia, sensibilità e umanità”.

Fonte: askanews.it

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