Le professioni della salute: più specializzazione per gli ottici

In Italia sono 21.500, la filiera vale 9,23 miliardi di euro

In Italia gli ottici abilitati attivi nella filiera sono 21.500: 19.500 nel retail specializzato e 2.000 nelle altre imprese. Nella sola Lombardia gli ottici sono 2148 (Registro Imprese), a Milano 1074. Le professioni dell’ottico e dell’ottico optometrista sono molto richieste in un mercato come quello italiano che, solo per quanto riguarda l’occhialeria, ha una produzione del valore di 5,53 miliardi di euro (2023, dati Anfao). La filiera italiana dell’ottica ha un valore complessivo di 9,23 miliardi di euro.

Questi sono i numeri di scenario studiati e analizzati da Istituto Zaccagnini, scuola per Ottici e Optometristi, con sede a Bologna e Milano. A partire da dati nazionali e di settore dell’istruzione professionale in ottica e optometria politici e esponenti della filiera, incontratisi presso la sede milanese dell’Istituto, hanno dibattuto sul ruolo che ottici e optometristi svolgono e potrebbero svolgere grazie ad una migliore collaborazione ed integrazione con la classe medica, oculisti in primis, per garantire un’adeguata visione e contribuire alla cura e salute degli occhi a tutti i cittadini italiani.

In Italia sette sono i corsi di laurea triennale in Ottica e Optometria (dopo la laurea triennale è necessario prendere l’abilitazione) e sono a Torino, Milano, Padova, Firenze, Roma3, Napoli, Lecce. Per diventare ottico è anche possibile studiare presso un Istituto professionale post diploma, presso il quale si ottiene, dopo un biennio di studi, l’abilitazione.

Secondo il Consorzio Interuniversitario Alma Laurea, il numero dei laureati dal 2018 al 2022 è sceso del 46,7%. Nel 2018 i sette atenei hanno proclamato 250 laureati in Ottica e Optometria, mentre nel 2022, i medesimi sette atenei ne hanno proclamati 128. Anche se non vi sono dati ufficiali, nel comparto si stima che il sistema scolastico nazionale abiliti ogni anno circa 650-700 ottici, compresi i privatisti ed i candidati laureati in O.O. Il percorso universitario non completa del tutto il curriculum di chi vuole diventare ottico, perché dopo la laurea è necessario comunque sostenere l’esame di stato. Il numero, secondo gli addetti del settore, è insufficiente a coprire la domanda della filiera.

La laurea in Ottica e Optometria – fonte Consorzio Interuniversitario Alma Laurea – vede un bassissimo tasso di disoccupazione, un sicuro ingresso nel mondo del lavoro, retribuzioni nazionali in aumento. Un giovane neodiplomato, assunto in un negozio di ottica, viene inquadrato al terzo livello del commercio con una RAL non inferiore ai 25.000 euro e ha diverse possibilità di carriera. Un dettaglio da rilevare: nel settore non ci sono differenze di remunerazione tra donne e uomini. A fronte di questo scenario, molte domande restano aperte.

Dal 2021, con il decreto legge 2018 n. 42 che ha riformato il profilo dell’ottico, sono effettive – a livello nazionale – le norme che stabiliscono il nuovo percorso formativo di questa figura professionale. Gli studenti che avranno completato il biennio e il quinquennio per l’abilitazione alla professione di ottico dovranno avere una formazione avanzata, orientata ad assistere, consigliare il cliente sui prodotti migliori per la correzione del difetto visivo, ma non solo. Il “nuovo” ottico, come da decreto, è chiamato anche a “Effettuare, con adeguate tecnologie e nei casi consentiti dalla normativa vigente, l’esame delle abilità visive e della capacità visiva binoculare in relazione alla progettazione e all’assemblaggio degli ausili ottici necessari, segnalando all’attenzione medica eventuali condizioni del cliente che indichino anomalie degli occhi e della salute” (Competenza numero 3, Allegato M, Decreto interministeriale 92, 24 maggio 2018).

Nasce così il profilo di uno specialista che deve segnalare al medico eventuali situazioni di allerta, facendo così da prima barriera di controllo e difesa della visione e della salute dell’occhio. Il mercato richiede ottici e optometristi sempre più formati per rispondere al bisogno di servizi oftalmici di una popolazione ametrope che invecchia e pertanto ha una crescente necessità di assistenza e riferimenti facili da raggiungere. Due dati: entro il 2050 la proporzione di anziani tenderà a raddoppiare, passando dall’11% al 22% della popolazione totale; l’indice di vecchiaia (calcolato come rapporto tra over 65 e under 15), sintetizza al meglio l’invecchiamento della popolazione e, nel 2022, risultava pari a 188, ad indicare che vi sono circa 1,88 “anziani” per ogni “giovane”.

Osserva Giorgio Righetti, direttore di Istituto Zaccagnini: “Nel difficile quadro economico nazionale, è necessario valorizzare una professione con sbocchi professionali sicuri che svolge un ruolo determinante nel contesto attuale in cui il bisogno di salute cresce – e continua – Credo che nell’ottica si vedano le conseguenze di una mancata sensibilità sistemica nei confronti dell’istruzione professionale. Di fatto, l’offerta scolastica italiana non risponde ai bisogni degli studenti, che spesso abbandonano gli studi, e della filiera, che richiede competenze avanzate. Diventa necessario rinnovare la didattica e la tecnologia per investire sul presente e sul futuro dell’istruzione professionale dell’ottica”.


Fonte: askanews.it

Ricerca clinica apre prospettive al supporto nutrizionale nella patologia reumatica

L’artrite reumatoide (AR) è una malattia cronica sistemica che colpisce milioni di persone nel mondo, provocando dolore, rigidità articolare e un generale peggioramento della qualità della vita. Ma a essere compromesso, spesso in modo meno visibile, è anche lo stato nutrizionale del paziente: affaticamento, perdita di appetito e difficoltà nella preparazione dei pasti contribuiscono a deficit energetici e carenze di fibre, elementi chiave per il mantenimento di un buon stato di salute.

La dieta, informa una nota, gioca un ruolo cruciale nella gestione della AR. Lo stato nutrizionale dei pazienti affetti da AR è compromesso dall’infiammazione cronica e da altri fattori associati alla malattia, richiedendo quindi una gestione dietetica mirata, che non può essere efficacemente ottenuta solo attraverso alimenti convenzionali.

In questo contesto si inserisce lo studio MIKARA, pubblicato su Nutrients nel 2023, che ha esplorato gli effetti di una combinazione nutrizionale a base di trigliceridi a media catena (MCT) e fibre solubili e insolubili in pazienti con AR. Il trial, della durata di 16 settimane e condotto in doppio cieco con gruppo placebo, ha evidenziato una riduzione statisticamente significativa dell’attività della malattia, misurata attraverso l’indice SDAI (Simplified Disease Activity Index). In particolare, è emersa una correlazione tra l’assunzione di Mikara Shake e l’aumento dei livelli ematici di beta-idrossibutirrato (BHB), corpo chetonico prodotto durante la chetogenesi. Questo processo permetterebbe di soddisfare eventuali carenze energetiche legate all’AR, dal momento che i corpi chetonici rappresentano una fonte di energia rapidamente disponibile. Inoltre, il BHB è noto per le sue proprietà antinfiammatorie, che giustificherebbero in parte i benefici osservati durante il trial. Le fibre, derivate da fonti naturali come bambù e psillio, si sono rese particolarmente utili per il raggiungimento del fabbisogno giornaliero di fibre suggerito dalle linee guida europee e prevenendo dunque le possibili carenze che spesso caratterizzano questi pazienti.

“I pazienti con artrite reumatoide affrontano ogni giorno difficoltà che vanno oltre i sintomi articolari: l’affaticamento, la perdita di appetito e le limitazioni fisiche rendono complesso mantenere un’alimentazione adeguata, aggravando condizioni già compromesse dal punto di vista metabolico” – spiega la Prof.ssa Francesca Ingegnoli, Reumatologa dell’ASST Gaetano Pini CTO di Milano e Docente di Reumatologia all’Università degli Studi di Milano – “Lo studio MIKARA suggerisce che un supporto nutrizionale mirato, basato su MCT e fibre, può rappresentare un complemento utile alla terapia farmacologica, contribuendo in modo integrato a migliorare il quadro clinico generale”.

La formulazione testata nella ricerca, Mikara Shake – sviluppata da Dr. Schär – è stata selezionata per la sua composizione avanzata, e rappresenta un esempio virtuoso di come l’innovazione nutrizionale possa entrare a far parte di un modello di cura che comprende anche l’aspetto nutrizionale. In un’ottica di medicina sempre più personalizzata e multidimensionale, l’intervento nutrizionale emerge come strumento concreto e sicuro per affiancare la terapia convenzionale, promuovendo una maggiore aderenza alle cure e contribuendo al miglioramento complessivo della qualità della vita

Oltre agli esiti clinici, lo studio MIKARA evidenzia il valore di un intervento che agisce anche sul piano della quotidianità del paziente. L’introduzione di una formulazione nutrizionale semplice da assumere, non invasiva e facilmente integrabile nella routine alimentare si traduce in una maggiore autonomia, in una riduzione dello stress legato alla gestione del pasto e in un miglior equilibrio psicofisico. Si tratta di benefici spesso trascurati nella valutazione dei trattamenti, ma fondamentali per rafforzare la motivazione, migliorare l’aderenza alla terapia e sostenere il benessere complessivo della persona nel lungo termine. In questo senso la nutrizione si configura come supporto aggiuntivo per chi convive con una malattia cronica.

Fonte: askanews.it

La Società Italiana di Nefrologia lancia il monito: più idratazione nel periodo più caldo

Recenti dati confermano una prevalenza di calcolosi renale (o litiasi renale) compresa tra il 6,8% e il 10,1% della popolazione, con recidive che si verificano tra il 30% e il 50% dei casi entro 5-10 anni dal primo episodio, principalmente tra i soggetti di sesso maschile. Si stima inoltre una maggiore incidenza tra i 30 e i 60 anni. Il picco maggiore avviene durante la stagione estiva. Analogamente non va trascurato il rischio di peggioramenti acuti della funzione renale per sudorazioni profuse soprattutto negli anziani.

“La disidratazione (carenza di acqua nel nostro organismo) è uno dei principali fattori di rischio per la formazione dei calcoli renali, soprattutto in estate, quando la sudorazione aumenta e le urine si concentrano. Se la sudorazione aumenta ed è continua, come ormai accade spesso visto il cambiamento climatico, si può anche sviluppare una insufficienza renale acuta da deplezione di colume (carenza di sodio nel nostro organismo). I reni sono gli organi più intelligenti del nostro corpo: lavorano in silenzio per mantenere l’equilibrio di acqua, sali, pressione e vitamine. Ma senza una corretta idratazione ed un apporto sufficiente di sale, non possono fare il loro lavoro”. È quanto spiega Luca De Nicola, Presidente della Società Italiana di Nefrologia (SIN) e Professore Ordinario presso l’Università Vanvitelli di Napoli.

Durante l’estate, infatti, la perdita di liquidi e sodio attraverso il sudore porta a una riduzione del volume di plasma e all’aumento della concentrazione urinaria. Questa condizione favorisce la precipitazione dei sali (in particolare calcio e ossalati), dando origine alla formazione dei calcoli. Non solo. Perdere acqua e sale può comportare una riduzione della pressione arteriosa e della irrorazione sanguigna degli organi vitali, con il rischio di andare incontro a conseguenze negative, dalle più lievi come stanchezza e ipotensione arteriosa alle più gravi quali insufficienza renale acuta, infarto e ictus.

“Il cambiamento climatico e il prolungarsi del caldo torrido per oltre quattro mesi all’anno – sottolinea De Nicola – rendono questo problema sempre più frequente. I calcoli renali – continua De Nicola – si manifestano spesso con coliche improvvise e violente di intensità simile al dolore “da parto”. Un dolore trafittivo, localizzato nella parte bassa della schiena, che può irradiarsi verso l’inguine. Il paziente colpito è in genere agitato, in cerca di sollievo, a differenza di chi soffre di lombosciatalgia che tende invece a restare immobile”. La maggior parte dei calcoli (circa l’80-90%) è composta da ossalato o fosfato di calcio; più rari quelli da acido urico, struvite o cistina. I calcoli inferiori al centimetro spesso vengono espulsi spontaneamente con terapie farmacologiche, mentre i più grandi (oltre 1-2 cm) richiedono litotrissia o, in rari casi, l’intervento chirurgico.

Come reagire al dolore della colica renale Per alleviare il dolore, oltre ad antidolorifici e/o antinfiammatori secondo consiglio medico, si consiglia di applicare un panno caldo o fare un bagno per rilassare la muscolatura liscia e l’uretere, favorendo così l’espulsione del calcolo (nel caso di calcoli piccoli).

La prevenzione comincia dall’idratazione. Tre litri di acqua al giorno: è questa la dose raccomandata d’estate per chi soffre di calcolosi o vuole prevenirla. Oltre all’acqua anche l’alimentazione aiuta l’idratazione: frutta, verdura, tisane e l’uso (mirato) di citrato di potassio possono favorire un profilo urinario protettivo. Al contrario, l’eccesso di carne rossa, spinaci, crusca e frutta secca può essere controproducente nelle persone predisposte a sviluppare calcolosi renale.

Un mito da sfatare. Ridurre l’introito di calcio non previene i calcoli renali. “Non bisogna eliminare dalla dieta il calcio, anzi: è fondamentale per le ossa. Il vero problema è la disidratazione, non il latte o i latticini” – chiarisce il Presidente SIN, Luca De Nicola.

Prendersi cura dei reni durante l’estate. L’estate non solo aumenta il rischio di calcolosi ma anche quello di insufficienza renale acuta, soprattutto negli anziani, che hanno una ridotta capacità di trattenere il sale- continua il Presidente De Nicola. Necessario, pertanto, aumentare in questo periodo l’introito di sale se la pressione arteriosa è normale ( 130/80 mmHg) e non è presente edema generalizzato da scompenso cardiaco o cirrosi epatica scompensata. Prendersi cura dei reni significa proteggere l’intero organismo e, in particolare, il cuore. La Malattia Renale Cronica è oggi la prima malattia cronica nel mondo per incidenza. Eppure, dal momento che non dà sintomi fino agli stadi avanzati, solo il 10% dei pazienti è consapevole di essere malato ed è quindi seguito da un nefrologo.

L’impegno della SIN e della comunità nefrologica tutta. La SIN, in collaborazione con il Ministero della Salute, ha redatto un Percorso Preventivo Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PPDTA), già inviato a tutte le Regioni, per migliorare la presa in carico dei pazienti e prevenire complicanze, ma anche per aumentare consapevolezza e prevenzione da parte della popolazione generale.

Contestualmente, è all’esame del Parlamento una proposta di legge per avviare screening nazionali presso i Medici di Medicina Generale (MMG) nelle popolazioni a rischio, ossia diabetici, ipertesi, obesi e cardiopatici. Il disegno di legge, a firma degli Onorevoli Mulè e Patriarca, è ora in discussione in Parlamento.

Infine, è storica la dichiarazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) del 23 maggio scorso che riconosce la Malattia Renale Cronica quale priorità di salute pubblica. Un traguardo di enorme valore che consente di agire con più forza in partnership con le Istituzioni per la prevenzione primaria e secondaria della MRC.

Fonte: askanews.it

L’impegno della Lega del Filo d’Oro per un’inclusione reale

Tra gli italiani vi è una conoscenza non del tutto appropriata sulle persone con sordocecità e pluridisabilità psicosensoriale, che sono oltre 360mila in Italia (lo 0,7% della popolazione); ma è in aumento la sensibilità sul tema e cresce il numero di chi sceglie di sostenere gli Enti che si occupano di “assistenza alle persone con disabilità motorie, cognitive e sensoriali”. Sono alcune delle evidenze che emergono dalla ricerca condotta a giugno 2025 da AstraRicerche per la Lega del Filo d’Oro, su un campione di oltre mille italiani tra i 18 e i 75 anni.

In occasione della Giornata Internazionale della Sordocecità (27 giugno), la Fondazione Lega del Filo d’Oro ETS – Ente Filantropico, da 60 anni punto di riferimento in Italia per la sordocecità e la pluridisabilità psicosensoriale, riaccende l’attenzione su questa disabilità unica e specifica, per dare voce alle istanze di chi non vede e non sente e delle tante famiglie che chiedono soluzioni concrete per il futuro dei propri figli, che rappresentano una fascia non trascurabile di popolazione, spesso invisibile, che rischia di essere confinata nell’isolamento imposto dalla propria disabilità a causa delle barriere e delle disuguaglianze che è costretta ad affrontare, anche nelle attività quotidiane e più importanti. Una persona con sordocecità, ad esempio, non può andare in ospedale senza essere accompagnata da un interprete, bambini e ragazzi non possono frequentare la scuola senza programmi adeguati, gli adulti non possono accedere al mondo del lavoro, senza politiche realmente inclusive.

SORDOCECITÀ: UNA CONOSCENZA ANCORA PARZIALE, MA LA SENSIBILITÀ È IN AUMENTO – Sulla sordocecità gli italiani hanno un livello di informazione solo discreto: sanno che è una condizione che si può presentare già dalla nascita, congenita, legata a infezioni durante la gravidanza, a nascita prematura, a rare malattie genetiche (70.4%) e – meno – che è una condizione che si può acquisire nel corso della vita, a seguito di traumi, gravi malattie, etc. (58.9%). Un quinto (19.7%) è erroneamente convinto che la sordocecità sia una disabilità rara, con pochissimi casi in Italia, e un sesto (16.9%) non è a conoscenza delle possibilità per comunicare con il mondo (“la persona sordocieca dalla nascita non ha alcun modo di comunicare con il mondo esterno”).

Nonostante una conoscenza ancora parziale, la sensibilità rispetto a questi temi è in crescita: se negli ultimi 10 anni molte ‘buone cause’, aree di intervento degli Enti del Terzo Settore, hanno visto una diminuzione del numero di sostenitori tramite donazione, la più rilevante eccezione è costituita dall'”assistenza alle persone con disabilità motorie, cognitive e sensoriali”, passata dal 9.4% del 2016 al 16.4% del 2025. E dal 2016 al 2025 la parte degli italiani che dichiarano di conoscere la Lega del Filo d’Oro non solo di nome ma, in modo qualificato, è passata dal 31.0% al 46.2%.

UN MANIFESTO PER I DIRITTI DELLE PERSONE SORDOCIECHE – Al fine di porre l’attenzione su alcuni temi centrali per promuovere un reale cambiamento, la Lega del Filo d’Oro ha presentato nel marzo del 2024, alla Camera dei deputati, il Manifesto delle Persone Sordocieche, un documento in dieci punti in cui si chiede alle Istituzioni un maggior impegno affinché ogni persona sordocieca venga riconosciuta e sostenuta, ovunque e sempre, con accesso a cure, interpreti e strumenti che possano davvero fare la differenza nella vita di tutti i giorni. Perché l’inclusione scolastica, la mobilità autonoma, l’accessibilità dei luoghi di sport e cultura, la possibilità di lavorare e abitare in spazi pensati per le esigenze specifiche di chi non vede e non sente non sono solo diritti, ma passi fondamentali verso una società in cui nessuno venga lasciato indietro.

“Da 60 anni il lavoro della Lega del Filo d’Oro è animato dalla passione e, soprattutto, dal coraggio di vedere e ascoltare “oltre” ciò che è possibile, per dare voce ai bisogni delle persone sordocieche e delle loro famiglie, costruendo un futuro in cui ognuno possa autodeterminarsi e vivere una vita dignitosa e autonoma – dichiara Rossano Bartoli, Presidente della Fondazione Lega del Filo d’Oro – Questa Giornata rappresenta un’occasione preziosa per fare il punto su quanto è stato fatto negli anni, ma soprattutto su quanto resta ancora da fare per garantire la piena inclusione di chi non vede e non sente, a partire dal pieno riconoscimento da parte delle Istituzioni della sordocecità come disabilità specifica. La Lega del Filo d’Oro crede fermamente che con il sostegno di tutti si possano superare le sfide attuali per creare una società più equa e accessibile, capace di riconoscere il potenziale delle persone sordocieche come una risorsa preziosa per l’intera collettività”.

IL QUADRO NORMATIVO E L’IMPEGNO PER LA PIENA ATTUAZIONE DELLA L. 107/2010 – Da sessant’anni, la Lega del Filo d’Oro è impegnata in prima linea nel portare all’attenzione delle Istituzioni politiche e dell’opinione pubblica le istanze delle persone sordocieche e con pluridisabilità psicosensoriale e delle loro famiglie, promuovendo l’autonomia, l’inclusione sociale e il pieno riconoscimento dei loro diritti. In particolare, molti sforzi sono stati condotti affinché non fosse fermato l’iter per la revisione e la piena applicazione della Legge 107/2010 sul riconoscimento della sordocecità come disabilità unica e specifica. A tal proposito, nel marzo dello scorso anno il Consiglio dei Ministri ha approvato un importantissimo disegno di legge (il cosiddetto semplificazioni-bis) volto a garantire il riconoscimento della sordocecità a tutte le persone che manifestano compromissioni totali o parziali combinate della vista e dell’udito, congenite o acquisite, a prescindere dall’età di insorgenza. Tale misura si inserisce nel più ampio disegno di riforma avviato con la Legge Delega per la Disabilità (Legge 22 dicembre 2021, n. 227), che accompagnerà l’aggiornamento della definizione di sordocecità a una semplificazione dei criteri e delle modalità di accertamento.

La nuova definizione di sordocecità – che si auspica possa essere approvata anche dal Parlamento – segna un cambio di passo fondamentale per le persone sordocieche. Avere una definizione che finalmente riconosca la sordocecità, indipendentemente dall’età, è di cruciale importanza per garantire pienamente il diritto alla salute e all’assistenza, nonché per promuovere una reale autodeterminazione. La sfida del pieno riconoscimento della sordocecità come disabilità specifica non deve, pertanto, esaurirsi in un – auspicato e necessario – miglioramento della presa in carico sanitaria e sociosanitaria, ma consiste nel tradurre le politiche di inclusione in diritti pienamente esigibili.

Fonte: askanews.it

FARMACIA BOSCHI S.N.C. - Via Roma, 56 - 35030 Galzignano Terme (PD) - P.iva 04537780282 - Privacy Policy - Webdesign Fulcri Srl

SCOPRI
L’APP