Campisi (ISL): “Colpa di ‘ingorghi’ linfatici

Quando la temperatura sale, la circonferenza di gambe e caviglie aumenta. Gonfiore, pesantezza e, in alcuni casi, anche un fastidioso formicolio che, in estate, colpisce ben 1 donna su 2, il triplo rispetto a quanto avviene in inverno. Neanche gli uomini ne sono immuni, anche se tendono a ignorare e sottovalutare il problema molto più di quanto facciano le donne. A mettere in guardia dal rischio linfedema, in vista di quella che potrebbe essere la stagione estiva più calda di sempre, è Corrado Campisi, presidente del Congresso Mondiale di Linfologia che si terrà a Genova dall’11 al 15 settembre, e docente di Chirurgia Plastica all’Università di Catania. L’evento, che riunirà medici, chirurghi, infermieri, fisioterapisti, podologi e molti altri specialisti, provenienti da tutto il mondo, rappresenta un’opportunità di aggiornamento nel trattamento delle patologie linfatiche e di confronto sulle principali novità tecnologiche “Quando si parla di gambe gonfie e circolazione il pensiero va direttamente al sangue, che attraverso la spinta del cuore scorre nelle arterie e nelle vene del nostro corpo – spiega Campisi, considerato uno dei massimi specialisti in Chirurgia e Microchirurgia del Sistema Linfatico e co-fondatore della Campisi Clinic -. Tuttavia, oltre alle grandi ‘autostrade’ del sistema circolatorio sanguigno, fatte da arterie, vene e capillari, c’è anche un’intricata rete rappresentata dal sistema linfatico che trasporta proteine, liquidi e lipidi. Questo sistema, costituito da vasi linfatici e linfonodi, consente alla linfa di essere drenata nei tessuti corporei, in ogni punto del nostro organismo, prima di riversarsi nel torrente circolatorio sanguigno. Un malfunzionamento di questa rete può portare a un anomalo rigonfiamento di mani, braccia o gambe. A volte così estesi da sembrare arti ‘da elefanti'”.

Sono due le principali forme di linfedema. Quelle “primarie”, dovute a malformazioni congenite dei vasi del sistema linfatico, e quelle “secondarie”, dovute a eventi avversi esterni che alterano la normale funzione del sistema linfatico, come l’asportazione dei linfonodi e la radioterapia, entrambi previsti nei trattamenti oncologici. Si stima che nel mondo siano 350 milioni le persone con lifedema, 2 milioni solo in Italia. Numeri in forte crescita, nel nostro Paese circa 40mila in più all’anno. “Quando la circolazione linfatica delle nostre gambe presenta delle anomalie si verifica un accumulo di liquidi nei tessuti e quando questo stato, come spesso avviene, si associa a un’insufficienza anche del circolo venoso degli arti il quadro si complica – sottolinea Campisi -. Non si tratta solo di un problema estetico, pur rilevante in considerazione del fatto che in estate si può far fatica a camminare o addirittura a indossare le scarpe. I liquidi che non riescono a essere drenati possono diventare talmente densi, per via dell’alto contenuto di proteine, che può arrivare a compromettere la corretta ossigenazione dei tessuti, predisponendoli ad arrossamenti, eczemi, dermatiti, ulcere ed infezioni”.

La buona notizia è che è possibile ridurre i rischi, prevenendo le complicazioni. Esistono vari livelli di trattamento a seconda della gravità del linfedema: da semplici cambiamenti nello stile di vita a farmaci, fisioterapia o anche chirurgia mini-invasiva. “A fare la differenza è la diagnosi tempestiva del problema, che può avvenire solo individuando i primi campanelli d’allarme – suggerisce lo specialista -. Inizialmente i sintomi possono essere sfumati e difficili da intercettare in estate: i più comuni sono pesantezza alle gambe e caviglie gonfie, che molto spesso si ritengono ‘normali’ e quindi trascurabili. Ciò che invece non può essere ignorata è l’eventuale difficoltà con cui le gambe si sgonfiano: se non si riescono ad ottenere benefici sollevamendole e rinfrescandole con getti d’acqua fredda, è bene rivolgersi a uno specialista”.

Al medico, inizialmente, basta un solo dito per verificare che c’è un problema. “Alla pressione esercitata dal dito su caviglia o gamba si può verificare che, per qualche secondo, si forma una sorta di fossetta, un segno evidente di una disfunzione linfatica – dice Campisi -. All’osservazione clinica bisognerebbe dunque associare anche un EcoColorDoppler per lo studio del circolo venoso e una linfoscintigrafia per verificare la presenza di ingorghi linfatici”.

A quel punto ci sono vari livelli di trattamento: si va da semplici cambiamenti nello stile di vita, come evitare il fumo o lo stare fermi in piedi per molto tempo, all’utilizzo di calze elastiche, che esercitano una spinta compressiva graduata drenando i liquidi dalla caviglia verso l’alto. E poi la terapia farmacologica con ad esempio benzopironi, antibiotici, antimicotici, dietilcarbamazina, diuretici fino al drenaggio manuale linfatico con un fisioterapista specializzato, al drenaggio meccanico con ad esempio la pressoterapia o all’uso di bendaggi multistrato ed esercizi di ginnastica.

Molto più recente è il ricorso alla microchirurgia che è in grado di risolvere l'”ingorgo” linfatico, agendo direttamente sulla causa, prevenendo in questo modo le recidive. “Le procedure chirurgiche attualmente disponibili per il trattamento del linfedema sono molteplici – spiega Campisi -: si va dai bypass linfaticovenosi che hanno l’obiettivo di creare uno scarico fisiologico periferico con cui risolvere l’ostruzione al trapianto autologo di tessuto linfatico e/o linfonodi con lo scopo di creare un nuovo sistema di drenaggio linfatico nell’arto colpito, fino a vere e proprie liposuzioni guidate dalla navigazione linfatica”. L’esperto è anche l’ideatore di una nuova tecnica di “liposuzione a ultrasuoni”, che sfrutta le onde sonore per “sciogliere” gli ingorghi linfatici e agevolare la procedura chirurgica. In occasione del congresso ISL gli specialisti avranno l’occasione di confrontarsi sulle ultime tecniche microchirurgiche sul sistema linfatico.

Fonte: askanews.it

Team ricercatori italiani ha individuato mix molecole naturali

Nel tentativo di comprendere in che modo i “geni della longevità”, appartenenti alla ormai nota famiglia dei geni SIRT, possono allungare la durata della vita in buona salute, un gruppo di ricercatori italiani ha individuato un composto in grado di favorire la perdita di peso e di prevenire l’accumulo di grasso “cattivo”. Si tratta di un mix di molecole naturali, che includono, tra le altre, pterostilbene, polidatina, onochiolo, gymnema sylvestre, sinefrina, forskolina, tè verde, neopuntia, capace di trasformare il grasso bianco, quello “cattivo” che si accumula e porta in su la lancetta della bilancia, in grasso bruno, cioè in quello “buono” che il nostro organismo brucia per produrre energia. L’efficacia del composto, prodotto da un’azienda americana che si occupa di creare integratori che stimolano la produzione naturale di sirtuine, è stata dimostrata in uno studio dell’Università Tor Vergata di Roma, dell’IRCCS San Raffaele di Roma e dell’Università di Napoli Federico II, recentemente pubblicato sulla rivista Cell e da poco disponibile in commercio. “Il composto è in grado di inibire la proliferazione degli adipociti e il rilascio di molecole pro-infiammatorie, come l’interleuchina-6 e la leptina, l’ormone responsabile della sensazione della fame”, spiega David Della Morte Canosci, autore dello studio e professore di Medicina Interna presso il Dipartimento di Medicina dei Sistemi dell’Università di Roma Tor Vergata. “Ma cosa ancora più straordinaria, il composto ha promosso la ‘trasformazione’ del grasso ‘bianco’ in ‘bruno’ attraverso l’aumento dei livelli di espressione di alcuni geni legati al grasso ‘buono’, come ad esempio UCP1”, aggiunge.

A differenza dei farmaci anti-obesità nuovi che stanno riscuotendo un grande successo e per i quali sono state riscontrate resistenze (in alcuni pazienti obesi non funzionano) e l’insorgenza di eventi avversi, il nuovo composto rappresenta un’alternativa naturale e priva di rischi per la perdita di peso. “L’unico effetto collaterale documentato è l’aumento della longevità, oltre che una maggiore protezione contro il diabete, le malattie cardiache e neurodegenerative”, sottolinea Della Morte. Il grasso bianco funziona come una sorta di magazzino per le calorie in eccesso che ricaviamo dalla digestione del cibo. Il grasso bruno, invece, brucia le calorie per consentire al corpo di svolgere tutta una serie di funzioni vitali, come ad esempio la termoregolazione, ed evita in questo modo l’accumulo pericoloso di grassi. Il composto testato dai ricercatori italiani è dunque un valido strumento attraverso il quale si può trasformare il grasso bianco in bruno.

Fonte: askanews.it

Ma attenzione alla percezione di difetti inesistenti o lievi

Dalle onde d’urto combinate con la dieta, per ridurre le adiposità addominali, in particolare localizzate in zona pubica, per eliminare l’effetto ottico di falsa brevità peniena, fino alle iniezioni di acido ialuronico o PRP per aumentare il volume del pene o correggere la curvatura. Sono sempre più numerose le tecniche per migliorare l’aspetto esteriore dell’intimità maschile che, anche se perfetta dal punto di vista anatomico, può subire un deficit funzionale da inestetismi. Un trend in crescita con oltre 10mila richieste l’anno di ritocchi ma accompagnato da un monito degli esperti. Procedure efficaci e sicure possono correggere difetti estetici più o meno gravi, che hanno un impatto sulla salute sessuale maschile, ma attenzione alla percezione di difetti inesistenti o lievi. In questi casi l’andrologo non deve assecondare il paziente ma indirizzarlo verso la scelta più giusta. Indispensabile rivolgersi a uno specialista competente.

Salute e bellezza sono un diritto anche per gli uomini: per migliorare il benessere maschile, che si riflette anche sul benessere della coppia occorre piacersi e non è solo una questione di vanità, perché gli inestetismi dell’intimità maschile, più o meno gravi, possono compromettere la salute sessuale, anche quando non sono legati a patologie deformative come ad esempio la malattia di Peyronie.”Si stima che circa il 45% degli uomini italiani sia in sovrappeso e che l’eccesso ponderale comporti un rischio fino al 70% di sviluppare disfunzione erettile, che è ancora maggiore al di sopra dei 60 anni. Anche cedimento dei tessuti, piccole dimensioni e curvature del pene acquisite o congenite, lesioni dermatologiche o cicatrici chirurgiche, possono avere un impatto negativo sulla salute sessuale maschile – afferma Alessandro Palmieri, presidente SIA e Docente di Urologia all’Università Federico II di Napoli – . Nel concetto olistico dell’andrologia, che prevede un approccio globale al paziente, non si può prescindere dalla valutazione delle condizioni estetiche, non solo perché spesso legate a condizioni patologiche ma anche perché una migliore percezione di sè ha ripercussioni funzionali sulla vita sessuale”. “Una nuova branca della medicina in continua evoluzione che si occupa di migliorare l’estetica e la funzionalità degli organi genitali maschili per consentire a chi soffre di inestetismi delle parti intime di vivere pienamente la propria sessualità, grazie a procedure correttive, sicure, efficaci e mini-invasive” sottolinea Palmieri.

Ogni anno si rivolgono all’andrologo circa 7-10mila uomini che chiedono interventi per migliorare l’aspetto esteriore dei propri genitali. Non sempre però la percezione che un uomo ha della sua intimità corrisponde poi alla realtà. “Capita di frequente che i pazienti chiedano di accedere a procedure di cui non hanno davvero bisogno – spiega Stefano Lauretti, co-presidente del congresso, Servizio di Urologia, Andrologia e Riabilitazione uro-sessuale, Casa della Salute Santa Caterina, Asl Roma 2 – perché percepiscono difetti inesistenti o lievi. E’ quello che definiamo dal punto di vista scientifico dismorfofobia peniena. In questo caso il paziente non va assecondato ma va aiutato a comprendere l’errata percezione”. Per gli specialisti della SIA bisogna diffidare da informazioni, consigli e soluzioni facili che spesso si trovano sul web. “E’ indispensabile che i pazienti vengano seguiti da uno specialista che sappia indirizzarli verso le giuste scelte al fine di risolvere in maniera personalizzata la loro problematica estetica”, osserva Lauretti.

L’aumento delle richieste per accedere a trattamenti estetici non chirurgici in ambito andrologico è cresciuto in pochissimo tempo. “Si è passati da zero a un più 7-10 per cento negli ultimi 10 anni – specifica Claudio Marino, andrologo della SIA ed esperto in trattamenti estetici -. I motivi principali derivano da una sorta di imbarazzo nelle situazioni intime dovuti sia a difetti legati a vere e proprie patologie del pene, che all’avanzare dell’età. Può succedere infatti che, che a causa del trascorrere del tempo, l’aspetto dei genitali non corrisponde più ai desideri dell’uomo e possono emergere frustrazione e sfiducia, che incidono in modo negativo sulla sfera sessuale”.

Fonte: askanews.it

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