Studio UniBo: bere caffè aiuta a mantenere bassa la pressione

Pubblicato sulla rivista Nutrients

Il caffè aiuta a mantenere bassa la pressione sanguigna. Chi ne beve due o tre al giorno ha la pressione più bassa rispetto a chi ne beve una sola tazza o a chi non ne prende affatto: un dato che vale sia a livello periferico che per la pressione aortica centrale, quella più vicina al cuore.

È quanto emerge da una ricerca pubblicata sulla rivista Nutrients, realizzata da studiosi dell’Università di Bologna e dell’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna – Policlinico di Sant’Orsola. L’indagine ha analizzato l’associazione tra il consumo di caffè e i parametri della pressione periferica e centrale in un campione di italiani.

“I risultati che abbiamo ottenuto mostrano che chi beve regolarmente caffè ha una pressione sanguigna significativamente più bassa, sia a livello periferico che a livello centrale, rispetto a chi non ne beve”, spiega Arrigo Cicero, professore al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna e primo autore dello studio. “Si tratta del primo studio ad osservare questa associazione sulla popolazione italiana, e i dati confermano l’effetto positivo del consumo di caffè rispetto al rischio cardiovascolare”, aggiunge Claudio Borghi, responsabile dello studio.

Il caffè è una delle bevande più diffuse in Italia e al mondo: si stima che tra il 2020 e il 2021 ne siano stati consumati quasi 10 milioni di tonnellate a livello globale. Nonostante si sia temuto a lungo che potesse avere conseguenze negative per la salute, sono emersi invece da tempo diversi effetti benefici: tra chi ne beve abitualmente è stato osservato un minor rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, diabete e alcune malattie neurodegenerative e del fegato. Non è ancora chiaro però a che cosa siano dovuti questi effetti, e non sembra siano legati direttamente al ruolo della caffeina.

“La caffeina è solo uno dei diversi componenti del caffè e certamente non è l’unico che ha un ruolo attivo: effetti positivi per la salute umana sono stati registrati infatti anche tra chi consuma caffè decaffeinato”, dice Cicero. “sappiamo che la caffeina può contribuire ad aumentare la pressione sanguigna, ma altri componenti bioattivi nel caffè sembrano controbilanciare questo effetto, con un risultato finale positivo rispetto ai livelli della pressione”.

Per approfondire questi effetti, in particolare rispetto ai valori della pressione centrale, gli studiosi hanno preso in considerazione un campione di 720 uomini e 783 donne a partire da una sub-coorte del Brisighella Heart Study: uno studio osservazionale coordinato da Claudio Borghi, professore al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna. Per ognuna delle persone individuate, sono stati confrontati i livelli della pressione sanguigna e le abitudini di consumo del caffè, insieme ad una serie di altri dati clinici.

“I risultati sono molto chiari: la pressione arteriosa periferica è risultata decisamente più bassa nei soggetti che consumano da una fino a tre tazze di caffè al giorno rispetto ai non consumatori di caffè”, spiega Cicero. “E per la prima volta abbiamo potuto confermare questi effetti anche rispetto alla pressione aortica centrale, quella vicina al cuore, dove si osserva un fenomeno quasi identico, con valori del tutto simili per chi beve abitualmente caffè rispetto ai non consumatori”.

I dati mostrano infatti valori più bassi per i consumatori di caffè sia nella pressione sistolica che nella pressione di pulsazione, e sia a livello di circolazione periferica che per la pressione aortica centrale. Tutti risultati che confermano gli effetti positivi del caffè per la mitigazione del rischio di malattie cardiovascolari.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nutrients con il titolo “Self-Reported Coffee Consumption and Central and Peripheral Blood Pressure in the Cohort of the Brisighella Heart Study”. Gli autori sono Arrigo Cicero, Federica Fogacci, Sergio D’Addato, Elisa Grandi, Elisabetta Rizzoli e Claudio Borghi del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna ed IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna – Policlinico di Sant’Orsola.

Fonte: askanews.it

Studio dell’Osservatorio Nestlé: pizza e pasta cibi della gioia

Da bravini nel 2023 a decisamente bravi, quasi perfetti, nel 2024. Questa, in sintesi, la fotografia degli italiani nel tortuoso percorso alla ricerca dell’elisir di lunga e buona vita o, almeno, dell’alimentazione varia ed equilibrata. 

Gli italiani stanno diventando virtuosi dell’alimentazione a quanto pare: nel 2024 in Italia si mangia sempre meglio e si spreca sempre meno. In Italia abbiamo aumentato il consumo delle verdure, dal 39% nel ’23 al 44% nel 2024; il consumo dei legumi (aumentato nel ’23 del 22%) oggi è cresciuto del 31%; il consumo del pesce è passato dalla percentuale di aumento del 19% nel ’23 al 22%; quasi invariato il consumo di frutta: dal 35% nel ’23 al 36% in più; le alternative vegetali al latte dall’aumento nel 2023 del 13% sono passate ad aumentare nel 2024 al 15% e il latte dal 11% al 13%.

A dimostrarlo le percentuali importanti rilevate dall’Osservatorio Nestlé con una ricerca dedicata – realizzata su base annuale – che attesta un approccio a un consumo più salutare. A conferma di tanto virtuosismo, il 43% degli intervistati dichiara di consumare meno carne rossa rispetto agli anni precedenti, mentre aumenta del 16% il consumo di alternative proteiche.

Ci stiamo rassegnando a ridurre anche quello che ci dà buon umore, come i dolci, che quest’anno abbiamo diminuito del 39%, così come i superalcolici: il 51% degli intervistati dichiara infatti di averne ridotto il consumo. E allora meglio buttarsi su Pizza e Pasta, ritenuti rispettivamente per l’82% e per il 67% dei rispondenti, i cibi della gioia. Tanto poi ci pensa il caffè a ridarci carica per essere più presenti e reattivi nella quotidianità, dato che il 69% degli intervistati ne fa un consumo invariato rispetto all’anno scorso e, anzi, il 15% ne ha aumentato il consumo.

Nel 2024, il pranzo per il 46% e la colazione per il 31% sono i pasti più rilevanti che prevalgono sulla cena, considerata meno importante e votata per il 23%. Ma l’aperitivo in ogni caso, per il 60%, raramente sostituisce la cena, tendenza invece rilevata negli ultimi anni. Il 51% degli intervistati non salta mai i pasti.
Tuttavia, ugualmente non ci sentiamo del tutto sereni: il 42% dichiara di accusare un senso di ansia e solo il 7% sembra non soffrirne mai, 4 su 10 affermano di ascoltare musica come rimedio per combattere l’ansia, 3 su 10 indicano il riposo e lo sport come soluzione. Bisogna però tenere d’occhio la pigrizia, dato che Il 62% non si è mai iscritto ad alcun programma di allenamento nell’ultimo anno, mentre il 30% si allena ma, 4 su 10, solo 2 volte a settimana.

Commenta la dottoressa Marzia Benvenuti, psicologa e psicoterapeuta: “Questi dati portano l’attenzione sul fatto che più di 6 persone su 10, nell’ultimo anno, hanno dichiarato di soffrire di ansia, elemento che incide sulla sensazione di fame o sazietà della mattina. Se si soffre di ansia è più facile che si attivi il cortisolo proprio durante la mattinata togliendo la voglia di mangiare. Il cortisolo scende durante il pomeriggio e la sera, ed ecco riapparire la fame”. E prosegue: “Individuare questo dettaglio ci rende molto più consapevoli non solo dei nostri stati emotivi ma anche della nostra scelta dei cibi. Se la fame è maggiore dal pomeriggio a dopo cena vuol dire che ho un problema con il cortisolo”.

Nel 2024, siamo inoltre meglio idratati, il 60% degli italiani beve 2 litri di acqua al giorno e il 30% 1 litro.

Sul fronte sostenibilità, 7 rispondenti su 10 si ritengono abbastanza o molto consapevoli circa la sostenibilità ambientale, tuttavia quasi 1 su 2 non ha modificato la propria alimentazione per essere più sostenibile nell’ultimo anno. Ma almeno il 94% non spreca più il cibo.

Uscendo dal comfort dei nostri gusti e dei nostri piatti identitari, le specie aliene che stanno infestando diverse zone d’Italia, fanno un po’ paura: il 33% ritiene questo fenomeno un pericolo per la biodiversità, mentre il 41% dichiara di non saperne abbastanza. Ma dopo il clamore suscitato dai ‘famosi’ granchi blu nella scorsa estate, più di 6 italiani su 10 affermano che sarebbero curiosi di assaggiare le specie aliene commestibili, e solo il 12% le ha già provate e li consiglierebbe.

Venendo alla nota dolente, il nostro carrello della spesa risente dell’attuale contesto socioeconomico, facendo decidere come prima cosa al prezzo e alle promozioni la scelta finale del cibo da acquistare. In secondo luogo, la preferenza va agli ingredienti più salutari possibili, a conferma dell’orientamento generale per una dieta sana.

Commenta il Dottor Giuseppe Fatati, direttore scientifico dell’Osservatorio Nestlé: “Mangiare bene non è più un fatto di pura gastronomia ma oggi deve essere condito dal saper scegliere equilibratamente tra i vari componenti di una corretta alimentazione e le proposte del mercato. I partecipanti alla nostra survey sembrano essere consapevoli della necessità di un’alimentazione corretta e tale consapevolezza è migliorata nel corso degli anni. Purtroppo, il particolare momento socioeconomico sembra influenzare le scelte in modo significativo”.

Conclude Fatati: “Le scelte alimentari sono orientate dal potere d’acquisto nonostante vi sia una manifesta attenzione per gli ingredienti salutari. Il consumatore intervistato conosce i principi di un corretto stile di vita ma è condizionato dalla possibilità di spendere”.

Fonte: askanews.it

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