E dire no alle liste di attesa

Il Governo corre ai ripari e lo scorso 16 luglio ha emanato un decreto legge per la creazione di un Cup Regionale. Sul piatto, l’annosa questione delle interminabili liste di attesa negli ospedali pubblici. Ma, sempre in attesa del successivo passaggio in Senato, il problema rimane inalterato. E i numeri, (emersi da un sondaggio realizzato da Facile.it e Prestiti.it su un campione di oltre 400.000 domande), parlano chiaro: è di oltre 1 miliardo di euro il valore dei prestiti personali erogati agli italiani nel 2023 per far fronte alle spese mediche. La salute ha un costo e chiedere un finanziamento per sostenere le spese sanitarie è una pratica sempre più diffusa. Lo scorso anno, il peso percentuale di questi prestiti, è aumentato del 6,6% rispetto all’anno precedente.

“I costi per gli esami medici, gli interventi chirurgici e le visite di controllo – spiega Andrea Di Vincenzo, Ceo di Prestiter – non sono sempre accessibili e spesso diventano ulteriore fonte di stress e disagio, in situazioni già delicate. In questi casi, per tutelare la salute e il benessere personale e familiare, sempre più italiani ricorrono a istituti come il nostro. Ogni loro richiesta cela una storia che ci coinvolge emotivamente, soprattutto quando veniamo a conoscenza che questo denaro è determinante per sostenere delle cure ‘importanti’. Partecipare al miglioramento della salute di un marito, di una moglie o di un figlio, per noi ha un valore umano infinitamente grande. Parlo di cure per i familiari perché è bene specificare che chi ne fa richiesta debba godere di ‘buona salute'”.

Ma i prestiti personali per far fronte alle cure sanitarie abbracciano una vasta tipologia di ambiti. Spesso gli italiani ne fanno richiesta anche per migliorare il proprio benessere fisico, estetico e psicologico. “Abbiamo molte testimonianze pervenute dai nostri agenti per delle richieste utili nel sostenere dei trattamenti fisioterapici e riabilitativi. Soprattutto ci informano che molto spesso gli italiani devono sostenere delle cure dentistiche e odontoiatriche. Queste ultime, si sa, riguardano importi di migliaia di euro e incidono moltissimo sul bilancio familiare”.

Ma chi sono i connazionali che ne fanno richiesta? Quasi 1 domanda su 4 (24,9%) proviene dalla fascia anagrafica 45-54 anni; seguita da chi ha tra i 35 e i 44 anni (20,9%). Al terzo posto, invece, ci sono gli italiani che hanno un’età compresa tra i 55 e i 64 anni (18,6%).

Le donne, poi, sono quelle che ne fanno maggiore richiesta (42,8%). E da dove provengono maggiormente le richieste? Le regioni dove il peso percentuale è maggiore sono la Sardegna (5,33%), le Marche (5,14%) e la Liguria (5,12%).

Ma nonostante siano in molti a farne richiesta, altri ancora non sanno a chi rivolgersi. Proviamo a fare un po’ di chiarezza. Per ottenere un finanziamento medico esistono principalmente due possibilità ma la base di partenza, come detto, è che il richiedente goda di “buona salute”. La prima è il prestito finalizzato che viene erogato direttamente dalle cliniche o dalle strutture dove si effettuano le cure. “Il vantaggio – spiega Di Vincenzo – è che la pratica è molto veloce, la somma finanziata viene immediatamente riconosciuta e l’utente paga le rate del prestito secondo quanto previsto dal piano di rimborso”. Il secondo caso, invece, è il prestito per liquidità, accordato da banche o finanziarie senza l’intervento della struttura medica. “Trattandosi di un prestito non finalizzato – chiarisce Di Vincenzo – il cliente non è obbligato a dichiarare il motivo della richiesta, tutelando di fatto la sua privacy. In più, poiché il finanziamento è svincolato dall’intervento sanitario, c’è la possibilità di ottenere somme più elevate di quelle necessarie per il trattamento, decidendo in completa autonomia come investire il credito ottenuto”.

In conclusione, dall’analisi realizzata dai due siti di comparazione, emerge un altro dato interessante. Se è pur vero che le domande sono aumentate, si è abbassata la richiesta che, in media, è di circa 6.152 euro. Questa diminuzione dell’importo può essere messa in relazione col fatto che ci si rivolga alla sanità privata anche per visite o esami mediamente meno costosi come, appunto, i trattamenti odontoiatrici.


Fonte: askanews.it

Emerge da studio Campus Bio-Medico e Istituto Auxologico Italiano

Dopo 24 mesi di trattamento con stimolazione magnetica cerebrale transcranica statica, oltre il 70% dei pazienti con Sclerosi Laterale Amiotrofica (Sla) è sopravvissuto senza necessità di ricorrere alla ventilazione meccanica, a fronte del 35% dei pazienti che non avevano ricevuto questo trattamento: è il dato più rilevante che emerge da uno studio della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico e della Fondazione Irccs Istituto Auxologico Italiano.

Una nuova tecnica non invasiva, si legge in una nota delle due fondazioni, in grado di modulare attraverso l’utilizzo di campi magnetici l’eccitabilità delle cellule nervose correggendo l’ipereccitabilità che porta a morte i neuroni motori nei pazienti con Sla. Anche se le cause di questa patologia sono ancora sconosciute, recenti ricerche hanno infatti dimostrato che un’eccessiva risposta agli impulsi eccitatori da parte delle cellule nervose che controllano il movimento può innescare il processo degenerativo.

Lo studio dei ricercatori della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, guidati dal professor Vincenzo Di Lazzaro, e dei colleghi della Fondazione Irccs Istituto Auxologico Italiano, guidati dal professor Vincenzo Silani, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet Regional Health Europe.

L’approccio impiegato in questa ricerca utilizza la stimolazione magnetica non invasiva al posto dei farmaci – per questa ragione chiamata elettroceutica – e viene studiato nella Sla dal gruppo diretto dal professor Di Lazzaro da oltre venti anni. Diversi studi preliminari hanno dimostrato che è possibile ottenere un lieve ma significativo rallentamento della progressione di malattia. Recentemente è stata introdotta una nuova forma di elettroceutica che utilizza un campo magnetico di tipo statico (si tratta di un potente magnete) la quale, per la sua semplicità di impiego, può essere utilizzata direttamente dai pazienti a domicilio, quotidianamente e per periodi prolungati. In uno studio preliminare la stimolazione magnetica statica è stata sperimentata in due pazienti con una forma di Sla a rapida evoluzione, nei quali si è osservato un significativo rallentamento della progressione di malattia.

Sulla base di questa preliminare esperienza nel 2019, è stato avviato l’attuale studio, che ha coinvolto 40 pazienti affetti da Sla con l’obiettivo primario di valutare se la stimolazione sia in grado di ridurre la progressione di malattia durante un periodo di trattamento di 6 mesi. Al termine di tale periodo non si è osservato un significativo cambiamento nella velocità di progressione della malattia. Tuttavia, i ricercatori e, soprattutto, i pazienti non si sono arresi e lo studio è proseguito per ulteriori 18 mesi, al termine dei quali i risultati osservati, al contrario di quelli emersi nel breve periodo, appaiono estremamente promettenti.

“Si tratta di una differenza significativa che ci fa essere ottimisti, ma che deve essere considerata con prudenza. Infatti, quando uno studio non raggiunge l’obiettivo primario, ma l’evidenza di efficacia emerge da una prosecuzione del medesimo in una modalità cosiddetta in aperto, sono necessarie ulteriori conferme. Quindi, anche se i risultati ci rendono decisamente ottimisti, non possiamo concludere di aver trovato la cura della SLA. Possiamo tuttavia affermare con sicurezza che sono pienamente giustificati ulteriori studi che valutino l’efficacia della stimolazione magnetica statica in un maggiore numero di pazienti e con un periodo di trattamento prolungato” ha sottolineato il direttore della Neurologia della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, Vincenzo Di Lazzaro.

“In un momento difficile per il recente insuccesso di diversi trial farmacologici verso cui erano state riposte molte speranze per la forma sporadica di SLA, questo studio apre un’inattesa prospettiva positiva per i pazienti. L’elettroceutica si dimostra oggi una componente imprescindibile per una combinazione terapeutica che molti ritengono rappresentare la soluzione definitiva per una malattia caratterizzata da diversi momenti patogenetici. Le future strategie terapeutiche dovranno adeguatamente tenere in conto i dati oggi prodotti con questo studio” ha aggiunto il direttore del Dipartimento di Neuroscienze della Fondazione Irccs Istituto Auxologico Italiano – Centro “Dino Ferrari”, Università degli Studi di Milano, Vincenzo Silani.


Fonte: askanews.it

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